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Casar, pelati sardi

C’è pummarola e pummarola. E i pomodori pelati sardi prodotti e commercializzati dalla Casar Srlpuntano alla qualità a tutto tondo, facendosi forza sul radicamento territoriale di un’azienda che dal 1962 e’ attiva a Serramanna, nel Medio Campidano a 35 km da Cagliari, e impiega manodopera locale, 40 dipendenti fissi e 400 stagionali. Una qualità non meramente dichiarata in etichetta, ma comprovata da certificazioni che spaziano dalla rintracciabilità di filiera all’ultimo riconoscimento ottenuto, quello sulla sicurezza sul lavoro. Inoltre, nelle degustazioni alla cieca, il gusto di questi pomodori sardi risulterebbe tra i più riconoscibili, e non a caso ha fidelizzato i clienti facendo moltiplicare gli ordinativi dalla distribuzione moderna soprattutto nel Nord Italia, dove Casar approda sugli scaffali col proprio marchio nonche’ con produzioni di polpa a marchio privato quali Santa Rosa (Unilever) e Sidis (Interdis).

”I nostri pomodori nascono in Sardegna, e tutta la materia prima viene scelta nelle migliori aree di coltivazione dell’isola, da produttori che rispondono ad un rigido disciplinare di produzione a lotta integrata, garantito dal logo Pai (Produzioni agricole integrate)” ha detto l’amministratore Pierluigi Milìa, nel sottolineare che ”le attenzioni della Casar proseguono poi nelle fasi di lavorazione e confezionamento, in linea con le certificazioni ISO 9001, ISO 14001, ISO 22005 (tracciabilità di filiera), BRC-IFS (standard di sicurezza alimentare validi per i mercati di Regno Unito, Francia e Belgio) e OHSAS 18001”.

Il lavoro in campagna inizia coi trapianti a metà aprile fino a tutto maggio, mentre il lavoro di produzione si concentra tra agosto e settembre. Le colture 100% Made in Sardegna ”sono per il 75% nel Campidano d’Oristano, e il restante nel Medio Campidano, aree vocate dove è possibile la coltivazione di tipo industriale grazie alla professionalità e competenza dei produttori” ha aggiunto Milìa nell’evidenziare il particolare microclima, ed il Maestrale che porta l’umidità salina nei campi. ”Noi lavoriamo – ha sottolineato – ibridi tipo Roma, nelle varietà lunghe che sono le più saporite per le polpe, le passate e i concentrati, tutto il pomodoro viene lavorato in diretta basti pensare che tra la raccolta e la trasformazione non passano più di dodici ore. Inoltre, è il secondo anno che produciamo il Datterino che ha caratteristiche di dolcezza e di gusto superiori, arriva in natura ad un grado brix (rapporto tra acqua e zuccheri naturalmente contenuti nel pomodoro) di oltre i 7% , rispetto al consueto 4,5%/5%”.

Da 10 anni, ha precisato il Responsabile Certificazioni Walter Frongia, ”abbiamo la mamma di tutte le certificazioni internazionali, la ISO 9001 sistema di gestione della qualita’ e la 14001 sistema di gestione ambientale, a cui si è affiancata la ISO 22005 per la rintracciabilità dei prodotti dal dal campo di coltivazione alla tavola. Da quest’anno inoltre abbiamo implementato la 18001. Inoltre le certificazioni secondo i protocolli di sicurezza alimentare BRC (British Retailer Consortium) e IFS (International Food Standard), che definiscono per ciascun prodotto commercializzato i requisiti di qualità, salubrità, sicurezza e aspettative d’uso dello stesso prodotto da parte del consumatore, sono ormai diventati indispensabili anche nella produzione di prodotti a marchio conto terzi. Grazie agli standard di coltivazione integrata,secondo un disciplinare produzione che precisa il concetto di agricoltura integrata, vale a dire una tecnica di coltivazione del pomodoro che riduce l’uso di sostanze chimiche, vogliamo offrire al consumatore un prodotto non solo grato al gusto ma anche “SANO”. Le sementi, inoltre, provengono esclusivamente da processi di ibridazione naturale e non sono state sottoposte a manipolazione genetica. Per risalire in tempo reale all’ origine della materia prima ,in ogni confezione di passata, polpa etc. assieme al lotto indichiamo anche l’ora e il minuto di produzione, mentre per legge sarebbe sufficiente indicare da chi hai acquistato i pomodori, e a chi hai venduto i pelati con eventuali dati sulle giacenze di magazzino”.

Sulla OHSAS 18001, ha raccontato ancora il Responsabile Certificazioni dell’industria conserviera, ”c’è stata la manifesta volontà del personale a collaborare per implementare il sistema. Lo stesso basandosi sul rispetto di specifiche procedure, si prefigge come obiettivo prioritario di assicurare la sicurezza e la salute delle persone nei luoghi di lavoro. E’ grande pertanto lo sforzo dell’azienda,dei suoi preposti, nel rispetto della sicurezza dei propri dipendenti, dei propri clienti e dei terzi in generale prevenire il verificarsi di incidenti.

In termini di investimento, ha concluso Frongia, ”mediamente queste certificazioni già dal secondo anno le stesse si autofinanziano. Nel caso della OHSAS 18001 si recuperano i costi di certificazione, con lo sgravio Inail che peraltro è automatico. Avere la 18001 inoltre significa avere un motore di sviluppo; sta infatti diventando requisito premiante anche nei pubblici appalti”.

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